3D Light Cube
Installazione ambientale
Legno, pittura fluorescente e lampade UV
2014
Immagini Cesare De Vita
Testo Antonio D'Avossa
>Galleria Arrivada
Il cubo è stato soggetto e oggetto di indagine da parte di molti artisti lungo il corso del tempo breve della storia dell'arte. Le investigazioni degli artisti hanno scavato a fondo la figura per mettere in evidenza le sue varianti di struttura volumetrica e al medesimo tempo grafica e soprattutto simbolica.
Alex Dorici ne indaga la struttura e durante questa analisi decostruisce e ricostruisce la forma e ne lascia leggere gli aspetti visivi fondanti ogni geometria. Del resto tutto il suo lavoro è decostruzione e analisi dello spazio che accoglie l'opera. In primo luogo con i suoi Scotch Drawings che si sono presentati negli ultimi interventi come delle installazioni spaziali che pur mantenendo forte una dimensione grafica, si riferivano allo spazio che le accoglieva in trasparenza come una vera e propria macchina, meglio un dispositivo che si dilatava persino alla superficie orizzontale oltre che verticale. E' con questa tecnica eseguita con semplici rotoli di nastri adesivi che Alex Dorici avvia un procedimento analitico dello spazio che lo vede realizzare opere di una decisa configurazione grafica e di una forte densità volumetrica.
Sono volumi virtuali evidentemente. E tuttavia essi si assestano in una posizione che trascina con se non solo il senso della prospettiva ma soprattutto il senso della visione. Sottoponendo inoltre lo spazio ad una torsione visiva che con grande coerenza e creatività coniuga la semplicità con la complessità del vedere. Attraverso queste modalità Alex Dorici lascia cortocircuitare l'intera storia della geometria, della prospettiva e della visione rientrando verso una simbolica, priva di misteriosofia, che sottende ad ogni visione e ad ogni forma di visibilità. Praticando visibilità ed invisibilità al medesimo tempo, ci immette in un percorso e ci accompagna verso una accensione continua del termine vedere, infine è come se ci indicasse l'on e off dello sguardo, l'in e out dello spazio.
Un cubo (si sa) è formato da sei facce quadrate. Sono sei facce identiche della superficie. Il volume cubico è composto a partire da questa uguaglianza e dai nodi o angoli che la raccordano e la strutturano. Così un cubo ha a sua origine il quadrato e dunque una forma geometrica che soprattutto è il luogo di una esplorazione primaria dello spazio, e che fonda il lavoro di Alex Dorici in tutte le sue varianti e lungo queste costanti.
In sostanza Alex Dorici con questa ultima installazione The Light Cube 3D parte dall'essenza geometrica per evidenziare il processo costruttivo e decostruttivo del volume e lo rende trasparente di una luce che lo attraversa in tutta la sua solidità virtuale. In realtà si tratta del semplice uso di lampade al Neon che permettono allo spettatore di raggiungere una dimensione diversa della visione. Inoltre la modularità compositiva non viene solo esibita perchè essa implica l'esistenza di una variabile. Qui infatti il volume cubico viene letteralmente scorticato per rendere visibile la struttura del suo farsi e dis-farsi più elementare e primario. La luce partecipata e organizza questo insieme in termini fondanti, direi radicati con l'installazione stessa.
Il film Cube del 1997 diretto dal regista italo-canadese Vincenzo Natali è un thriller di fantascienza che narra le vicende che un gruppo di persone vivono all'interno di una stanza cubica con sei portelli, uno per ogni parete della stanza, che conducono ad altrettanti ambienti simili. Per uscire da luogo cubico dove non ricordano come esserci arrivati, i protagonisti deve effettuare una serie di calcoli che attraverso permutazioni dei numeri primi, infine delle variabili che si presentano come delle differenze all'interno di identità. Lo scopo sarà uscire ma uscire sarà possibile solo attraverso la conoscenza del dentro, o dell'esserci dentro di noi, evidentemente. Da questo punto di vista Alex dorici ci fa compiere il percorso al contrario, anzi organizza per noi un viaggio storico all'interno del volume solido e trasparente al medesimo tempo. Storico perchè allunga il presente spaziale e temporale e perche da questo spazio e da questo tempo ne usciremo solo dopo averli attraversati tutti.
Non un solo punto di vista ma molteplici soluzioni al vedere in una prospettiva che progetta e prospetta realmente lo spazio che ci accoglie. Da questo versante la storia dell'arte più recente ci ha abituati ad aprire bene gli occhi, lo sguardo e la mente.
Il primo riferimento visivo è certamente un'opera di Sol Lewitt: All variations of incomplete open cubes del 1974. Qui il maestro americano della Minimal Art sviluppa una relazione tra la costante (il cubo) e le sue varianti (i frammenti) in un insieme estremamente coerente e spazialmente definito. Ma Alex Dorici pur conoscendo l'opera di Lewitt sfugge alla facile trappola della citazione immettendo la materia luce e soprattutto proponendo il percorso come un vero e proprio labirinto visivo attorno e dentro alla figura del cubo. Da questa postazione la visibilità del suo lavoro sviluppa il contesto spaziale prima che quello geometrico che ci porta ad una sorta di autonomia dell'opera oltre la ricomposizione stessa che ci aspetta all'ultimo stadio, quando finalmente ci lascia uscire dal labirinto cubico dove visivamente aveva chiuso il nostro sguardo.
In questo modo Alex Dorici non ci rinvia a cubi di cubi virtuali o reali della storia dell'arte recente piuttosto si misura con essi alla pari e li restituisce al loro momento storico e visivo, per esempio: il Metro Cubo di Terra di Pino Pascali del 1967, un'opera materialmente basata sulla opposizione alla legge di gravità, o al MetroCubo d' Infinito (1966) di Michelangelo Pistoletto, dove la logica spaziale attraverso la specularità interna può solo essere immaginata e mai vista.
Alex Dorici, invece, rende leggera e aerea, in definitiva trasparente, la sua indagine sul cubo, e la esibisce in una via del tutto inedita e che richiama al suo interno i rapporti con una grafica che trova nelle classiche leggi della prospettiva la sua stessa ragione di essere. E' questo un punto fondamentale. Perchè noi vediamo che il suo Light Cube 3D è prima di tutto Light che in realtà in inglese significa due cose: luce e leggero. Ecco la chiave di lettura visiva che Alex Dorici propone. non cè il peso della materia a determinare la visione del cubo, e non cè nemmeno l'immaterialità concettuale della chiusura della visione, piuttosto c'è una luce leggera di leggerezza grafica che accompagna anche le sue varianti bidimensionali: Dodici Dorici una cartella grafica che offre ben dodici varianti alla costruzione e alla decostruzione del suo esercizio creativo.
A questo aggiungerei un altro elemento più simile ad una anamorfosi tridimensionale dato dal riferimento modulare che pure ha accompagnato molte sue installazioni: delle semplici scatole di cartone. Questo aspetto ci riporta ad un fare arte con elementi semplici che rivelano ancora una volta una felice scelta di campo, totalmente priva di illusionismi, come una plastica metafisica più simile a quella di Maurits Cornelis Esher, che della grafica e della geometria rivela misteri e insidie, che a quelle pratiche che dal punto di vista dell'immagine poco lasciano goderecome In-Cubo di Luciano Fabro del 1966 , o LOSPAZIO di Giulio Paolini del 1967. Alex Dorici adotta nella tridimensionalità della sua installazione un procedimento grafico e privo di rinvii letterari, attraverso l'uso di modalità grafiche ci avvia alla fonte luminosa di una ragionevole spazialità. e' come se riavvolgesse una pellicola dall'invenzione dello spazio all'invenzione della prospettiva, una pellicola che si avvolge e si riavvolge lungo il tempo della nostra visione. E tutto questo, lo ripeto, sfuggendo ad ogni illusionismo che pure caratterizza l'opera di artisti come Justen Ladda, Felice Varini o George Rousse.
Alex Dorici nello svolgere e nel riavvolgere la pellicola usa la luce come cinéma e ci restituisce il senso del tempo del nostro passaggio nello spazio, ci restituisce dunque la condizione simbolica della prospettiva e del suo farsi, del suo incubarsi, in una crescita protetta come in una incubatrice per una giovane creatura. Del resto Platone nel Timeo aveva affidato i quattro elementi a differenti solidi geometrici: Il fuoco al tetraedro, l'aria all'ottaedro, l'acqua all'icosaedro, infine la terra al cubo.
In questa continuità simbolica e primaria tra la segnaletica primaria e la condizione grafica Alex Dorici, a mio avviso, raggiunge una maturità che lo vede coniugare grafica e installazione, pittura e scultura, luce e materia, e in questa coniugazione mostra l'angolo e la superficie, il vuoto e il pieno, il sopra e il sotto, la destra e la sinistra, la larghezza e la lunghezza di una forma, di cui sono composte le facce del cubo, che ha ricevuto l'infinito omaggio da parte di Josef Albers e che dalla luce trae luce per vivere infine attraverso la nostra visione di una vera e propria luce propria.
Alex Dorici con questa straordinaria installazione The 3D Light Cube, ci riavvolge l'intera pellicola della visione e ci riporta con i piedi per terra e con lo sguardo fuori dallo spazio della geometria verso un progetto di luce che è forma pura del vedere: "Non cercate una ragione... cercate una via d'uscita".