Alex Dorici nasce a Lugano il 6 aprile 1979, da padre italiano e madre portoghese. Frequenta le scuole dell’obbligo a Lugano e il Liceo artistico Giuseppe Terragni a Como.
Nei primi anni Duemila segue i corsi dell’Accademia di Belle Arti Aldo Galli sempre a Como e ottiene il diploma in pittura e incisione calcografica nel 2005.
Durante gli studi vince il primo premio nella sezione video del Concorso di studi Angelo Tenchio (Como) con il cortometraggio Saudade Itamar (2003) e il secondo premio alla Biennale d’incisione della Città di Como (2004).
Nel 1999 fonda a Lugano il suo Artelier, che oltre a essere il suo studio si pone come spazio espositivo indipendente di arte contemporanea e punto d’incontro tra artisti.
Nel 2005 si trasferisce a Parigi dove lavora presso l’Atelier Contrepoint, conosciuto anche come Atelier 17, fondato dal celebre incisore inglese Stanley William Hayter.
Durante i cinque anni trascorsi nella capitale francese Dorici ha modo di specializzarsi nell’arte calcografica e si concentra in particolare sull’utilizzo dei colori.
Gli anni parigini sono determinanti per la definizione della sua impostazione stilistica. Rientra a Lugano nel 2010 e si dedica a interventi nello spazio urbano.
Le sue installazioni site-specific implicano nuovi materiali come il cartone, i nastri adesivi, le corde, i tubi in PVC. Dorici predilige gli spazi in disuso, abbandonati.
Nel 2011 Arte Urbana Lugano lo coinvolge nell’installazione Stiamo lavorando per voi. Nel 2014 è nominato dalla Fondazione Bally per la Cultura artista dell’anno.
Ha tenuto esposizioni personali e collettive in Svizzera e all’estero. Tra i suoi interventi urbani, si segnalano le opere permanenti Installation ROPE 250 light nell’atrio della sede di Punto Città Lugano-Pregassona e Installation Rope 300 meters Light nella Torre del Capitano di Morcote. L’artista vive e lavora a Lugano.
Testo di Alessia Bottaro
Dal 2014 Alex Dorici fa parte degli artisti sostenuti da Elena Buchmann della Galleria Buchmann di Agra-Lugano
>buchmanngalerie
Fotografia Cesare De Vita
>guarda il cortometraggio Saudade Itamar
>guarda il video Hayter: Atelier 17
>Atelier Contrepoint Parigi
>guarda il video "Stiamo Lavorando per Voi"
“Qual è il ruolo dell’artista all’interno di una società consumistica, tecnologica e globalizzata come quella contemporanea?
Questa è la domanda che mi sono sempre posto sin dagli inizi della mia ricerca artistica. Sono nato a Lugano, città indubbiamente ricca e benestante, in cui il sentimento del consumo è fortemente integrato con la quotidianità del vivere. Della mia infanzia, ricordo di essere cresciuto vicino ad un’area destinata al riciclaggio dei rifiuti, questa particolare situazione, oltre al fatto personale di possedere scarse risorse economiche, ha alimentato il mio interesse per i materiali destinati alla distruzione, perché non più appartenenti ad una necessità di mercato. Partendo da queste riflessioni penso di aver trovato la risposta alla mia domanda, mettendo a fuoco il mio ruolo d’artista all’interno della società. Ho scelto di utilizzare materiali di scarto per la realizzazione delle mie opere, sostituendo colori e pennelli con mezzi d’espressione non esattamente assimilabili al concetto “popolare” di arte. In particolare, non mi riferisco solo ad oggetti di uso quotidiano, che ogni giorno gettiamo nei nostri rifiuti, come bottiglie in PET, carta, cartone, alluminio, eccetera, ma a materiali più pregiati come il cartone da imballaggio, le piastrelle in ceramica, cordame, tubi in PVC, nastro adesivo e altri materiali utilizzati nell’industria. I principali fornitori di materiale per la realizzazione dei miei progetti sono i centri di riciclo e smaltimento edile, i cantieri in costruzione ed in modo particolare i magazzini delle industrie cartotecniche. Oltre ai materiali, sono altrettanto importanti i luoghi e gli spazi urbani costituiti da edifici abbandonati o in disuso, i non luoghi e tutti quegli spazi che troppo in fretta sono destinati alla demolizione.
Il mio Atelier è diventato da alcuni anni una sorta di città in cui vivo e nella quale vengo ospitato per realizzare le mie opere, sviluppando un linguaggio e una tecnica che mi permettono di interagire con ambienti diversi, siano essi privati o pubblici, mantenendo intatto il fil rouge della mia produzione artistica e portando, quindi, la mia ricerca d’equilibrio e di forma ad una dimensione tridimensionale. Le opere realizzate, siano esse eseguite con migliaia di moduli in cartone, centinaia di metri di cordame, nastro adesivo o altri materiali, hanno un forte legame concettuale con il trascorrere del tempo e della vita”
Scotch Drawing
Scotch Drawing 15032013
2013
istallazione urbana, nastro adesivo
300 x 300 cm
Edifici abbandonati o in disuso, i non luoghi e tutti quelli spazi che troppo in fretta la nostra epoca destina alla demolizione sono il luogo ideale per le mie opere. Scotch Drawing, è una serie di interventi eseguiti con il nastro adesivo di carta, questo materiale è presente nella mia ricerca artistica sin dal principio, infatti sia in incisione che pittura lo utilizzo come elemento fondamentale per la realizzazione dei miei lavori. Praticamente trasferisco il tratto pittorico del pennello direttamente nello spazio urbano utilizzando la traccia data dal nastro di carta come impronta pittorica. Così inizio a prendere d’assalto le vetrate dei negozi abbandonati, dalle banche ai marciapiedi sino ai porticati, riappropriandomi delle superfici urbane per eseguire le mie composizioni che prendono appunto il nome di Scotch Drawing.
L’incisione sperimentale con stampa a colori
Senza titolo
2005
stampa a colori
35 x 50 cm
Per perfezionarsi ulteriormente e redigere la parte teorica della sua tesi sull’incisione, Dorici è andato a ricercare informazioni all’Atelier 17 a Parigi e in cui in seguito si trasferirà per 5 anni sperimentando e approfondendo le conoscenze sia tecniche sia pratiche sulle materie d’interesse, lavorando con artisti provenienti da tutto il mondo ed in particolare con H.Saunier, assistente di S.W.Hayter ed oggi attuale direttore dell’Atelier Contrepoint ex Atelier 17.
Il suo arrivo presso l’atelier permette a Dorici di sviluppare la sua ricerca nell’ambito delle stampe a multicolori con un solo passaggio della matrice al torchio.
Grazie alle attrezzature ed all’esperienza degli artisti che lavorano con lui in quel periodo presso lo studio Dorici sperimenta tutte le tecniche presenti nelle conoscenze dell’atelier apportando a sua volta piccoli cambiamenti derivati dalla sua forte indole sperimentale ottenendo importanti risultati . Questa sua energia nella ricerca e sperimentazione li da la possibilità di esporre delle sue stampe in importanti mostre collettive al fianco dello stesso H.Saunier e S.W. Hayter oltre che hai grandi nomi che nella storia sono passati presso l’Atelier 17 quali Mirò, Chagalle, Picasso, A.Giacometti, J. Hecht e tanti altri, nel contesto di esposizioni che mettano in luce il lavoro eseguito nell’ambito della stampa e delle tecniche calcografiche dell’Atelier 17 in più di 80 anni di storia.
Testo di Luca Rota
Pittura: “Linearità e geometricità dei tratti”
Senza titolo
2005
pittura su tela, gesso acrilico, spray e nastro adesivo
40 x 80 cm
Ecco un’altra caratteristica peculiare del lavoro artistico di Alex Dorici, espressa nelle incisioni e – forse con anche maggiore evidenza – nei lavori pittorici… Fin dal primo sguardo alle tele balza subito all’occhio questo così tipico tratto artistico, realizzato attraverso l’utilizzo strutturato e variegato di segni lineari e figure di matrice geometrica in composizioni di genere astratto (ma l’aggettivo deve essere inteso nel senso meno “determinante” possibile), create con tecniche spesso assai contemporanee e quasi “improprie” dell’arte pittorica “tradizionale”, come l’utilizzo di spray (street art docet, con un particolare accostamento tra arti visive in sé piuttosto lontane - ma certo Dorici non è un graffitista…) o la sottrazione di parti di colore attraverso bande di scotch che disegnano linee di sospensione e di rottura nell’insieme estetico dell’opera; da una prima impressione generale meramente astratta e optical, semplificata e sintetica, sembrano comparire tra una tela e l’altra tracce di futurismo ma anche di cubismo o di espressionismo astratto; tuttavia Dorici riesce ad equilibrare ottimamente questi e altri elementi “basici” entro i propri tratti stilistici, e le opere restano così felicemente comprese in ambiti nei quali fondamentale è (nuovamente) il dialogo, la comunicazione interattiva con chi vi si trova di fronte, in un interscambio capace di molteplici e 4 fervide impressioni ed espressioni anche grazie all’estremo dinamismo che dalle opere erutta, in certi casi quasi con violenza, in altri con maggiore tranquillità e comunque mai insensatamente, ma sempre con lucida visionarietà contemporanea.
Testo di Luca Rota